Lago Turkana
Quando il politically correct non esisteva neanche nell’anticamera del cervello del più illuminato dei legislatori, si chiamava Lago Rodolfo (dal principe ereditario d’Austria). Oggi Si chiama Lago Turkana dalla popolazione che vive sulle sue sponde. Lungo oltre trecento chilometri, mediamente largo trenta, è posto nella parte nord occidentale del Kenya con le ultime propaggini nord in territorio etiope. Il lago, che viene anche chiamato Mare di Giada, fa parte di quella natura inospitale e crudele costellata di vulcani e zone con intensa attività sismica che costituisce la parte nord africana della faglia chiamata Rift Valley che si estende dalla Siria al Mozambico per una lunghezza di seimila chilometri. Il popolo Turkana vive di pastorizia, in Non Dire mi sono preso la libertà di descriverlo come lo ricordavo: fiero, refrattario alla civilizzazione. Il territorio attorno al lago è arido, ostile, primordiale. Le rive sono pericolose per la presenza di coccodrilli, nell’interno le galline faraone fanno compagnia a leoni che sonnecchiano. Poco più avanti trovi una ragazzina di dieci o dodici anni agghindata come una principessa che tiene a bada un piccolo gregge di caprette. Ha l’età in cui tua figlia comincia le scuole medie, ma lei qui è in età da marito. No, l’aspra distesa di sabbia, ghiaia, rocce, acqua salmastra, vento, sterpi e arbusti che viola la nostra sensibilità ogni secondo che passa, non è addomesticata. E’ vigile, in attesa, sorniona, violenta e se non sei cauto e non ti comporti adeguatamente ti uccide. L’uomo ha avuto origine qui. Con le implicazioni legate all’esistenza dei nodi che ho immaginato in Non Dire, la zona del lago Turkana era lo scenario perfetto per immaginare la soluzione della vicenda. In Ombre a Occidente questa regione e il suo popolo sembrano attenuare la loro presenza, ma è solo il preludio al ritorno prepotente nell’ultimo romanzo della saga che li vede tornare e assumere un ruolo fondamentale. I siti archeologici di Namoratunga uno e Namoratunga due, erano perfetti per essere legati ai meccanismi sconosciuti della Madre Terra e al popolo che vive nella regione e che con la Terra è in simbiosi. E noi? Cosa volete che siano cinque o diecimila anni in confronto a tre o quattro milioni. Noi abbiamo solo la ragione, (e neanche sempre) e un po’ di tecnologia dalla nostra parte. La nostra memoria ancestrale, la nostra coscienza collettiva, il nostro Id sono ancora laggiù, con Lucy. Dove il vento é protagonista, sempre uguale, costante nelle sue alternanze, ubbidiente al sorgere e calare del Sole. Nella zona sud-est del lago è convogliato tra i monti Nyiru e Kulal, in un effetto venturi che ha permesso lo studio del più grande impianto eolico del pianeta. Il progetto in corso di realizzazione, dovrebbe consentire la produzione di 300 Mw di potenza pari al 30% della produzione di energia del Kenya. Eviterà l’immissione nell’atmosfera di sedici milioni di tonnellate di emissioni derivanti da combustibili fossili. Il vento è il futuro dei Turkana. Ma non basta, nel terzo romanzo ho ipotizzato la scoperta di grandi giacimenti d’acqua sotterranei. Sfruttati dal Governo del Kenya, insieme al vento, per portare il benessere nella regione.